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L'Unione Fa La Musica - L'archivio

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Dove c'è Musica c'è Festa

di Laura Terzi

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Cari amici della MUN,

la nostra società sta pian piano volando verso il suo centenario e si inizia a sentire nell'aria quella tipica atmosfera che caratterizza ogni FESTA! Ogni qualvolta ci sia un'occasione da festeggiare la MUN ha sempre risposto "Presente!", perché non c'é festa che si rispetti che non abbia un sottofondo musicale degno del momento. Adesso i protagonisti siamo noi e ci stiamo adoperando perché la MUN possa festeggiare come merita il suo centesimo compleanno!

Con il nostro Concerto di Gala 2013 abbiamo tutta l'intenzione di trasmettervi quella bella sensazione di fermento, di gioia, di elettricità che si vive spesso nell'attesa di qualcosa di bello! Come potrete verificare leggendo queste pagine e ascoltando il nostro concerto, abbiamo tutti gli ingredienti giusti per offrirvi uno spettacolo emozionante, perciò lasciatevi contagiare dall'atmosfera e preparatevi a festeggiare con noi!

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Cambiare: un'opportunità!

di Laura Terzi

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Care lettrici,

Cari lettori,

Cari amici della Musica Unione Novazzano,

 

quest'anno tocca a me, in qualità di vicepresidente, introdurvi a queste pagine che annualmente vi aggiornano sulle esperienze, sulle sensazioni, sui successi e sulle curiosità vissute dalla MUN e dai noi musicanti. Suono ormai da 24 anni e devo ammettere che le mie qualità di musicante non sono direttamente proporzionali al tempo da cui suono il clarinetto, ma il bello di suonare in una banda come la MUN è proprio questo: non importa se non si è dei fenomeni in ambito musicale, basta metterci lo spirito giusto, motivazione, entusiasmo e un pizzico di impegno personale, perché la propria storia di musicante diventi ben presto una storia di aggregazione e partecipazione salutare all'interno di un gruppo! In questi anni ho vissuto l'avvicendarsi di persone, maestri, presidenti, membri di comitato, membri di commissione tecnica e musicanti, ho visto persone nuove arrivare, mentre altre hanno deciso di partire e ad ogni cambiamento abbiamo dovuto adattarci, ritrovare l'equilibrio giusto e ripartire. In questo siamo bravi: non ci siamo mai lasciati abbattere, abbiamo affrontato ogni cambiamento con intelligenza, senza perdere l'ottimismo e ricominciando subito a lavorare mettendo in primo piano il bene della società. Perché fondamentalmente ogni cambiamento è da vivere come un evento positivo, permette magari di risvegliarsi da una situazione di stallo e spinge a trovare soluzioni creative per migliorare e per crescere. La semplice verità è che indipendentemente da chiunque abbia suonato e suoni, chiunque abbia diretto e diriga, chiunque abbia guidato e guidi oggi questa società, la MUN c'é da 98 anni e continuerà ad esistere per ancora molti molti anni! Dunque prepariamoci tutti a festeggiarla, perché nonostante tutte le sue vicissitudini, non dimostra affatto la sua età, è ancora una società giovane che non ha mai smesso di crederci, di adattarsi ai cambiamenti e di raccontare storie di successo!

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La Banda tra passato e futuro

di Filippo Bassi

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La banda, per come la intendiamo oggi, cioè una formazione musicale composta da legni, ottoni e percussioni, è figlia della Rivoluzione Francese. Proprio in quel periodo storico, infatti, nacque l’esigenza di creare un grande ensemble di strumenti destinato prevalentemente ad esecuzioni all’aperto e quindi capace di coinvolgere le grandi masse popolari. Le bande incominciarono poi ad ingrandirsi sempre più,  raggiungendo talvolta anche i mille esecutori: i legni furono aggiunti agli ottoni così da arricchire la sonorità, mentre gli archi continuarono ad essere esclusi, in quanto non adatti ad essere suonati all’aperto o marciando. La musica in quel periodo era al servizio delle ideologie politiche e costituiva la colonna sonora costante degli eventi con inni, lamenti funebri, ouvertures e grandi marce.

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Numerosi compositori nel corso del ‘700, tra cui W. A. Mozart, F. J. Haydn e L. v. Beethoven, scrissero musica per formazioni di strumenti a fiato  e l’influenza della musica per banda entrò nelle loro composizioni. Il periodo compreso fra il 1770 ed il 1830 fu particolarmente importante poiché da quegli anni ci giungono, per la prima volta, testimonianze dell’esistenza di ensembles di fiati atti all’intrattenimento dell’auditorio e quindi non più solo con scopi prettamente militari. Nacquero così, anche in Svizzera, le prime Bande cittadine (Stadtmusik) in contrapposizione alle Bande da campo (Feldmusik). Durante la prima metà del XIX secolo, importanti cambiamenti nella costruzione degli strumenti a fiato trasformarono radicalmente la concezione estetica della banda. La meccanica dei legni fu perfezionata e negli ottoni si introdusse l’uso dei pistoni, rendendo gli strumenti più agili e più precisi nell’intonazione, favorendo così una grande crescita del livello musicale delle bande. La tradizione bandistica ebbe l’apporto di molti tra i maggiori compositori dell’Ottocento, come Berlioz, Ponchielli, Rossini, Verdi e Wagner. La banda assunse così un ruolo riconosciuto nella storia e nell’evoluzione del genere operistico: talvolta la formazione bandistica era direttamente presente sulla scena, ma più spesso era impiegata come seconda orchestra dietro le quinte, con effetto di musica di scena. La prassi compositiva prevedeva di scrivere i passi operistici per banda su due pentagrammi, senza strumentazione, e la distribuzione delle parti spettava al direttore di banda. Un simile fenomeno diede luogo ad una copiosa produzione musicale, in parte originale, ma soprattutto come trascrizione di brani operistici e sinfonici. 

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Nell’evoluzione storica della banda, ebbe fondamentale importanza il movimento bandistico americano: nato nel 1835 come “movimento delle brass band”, diede luogo alla nascita delle bande come noi le conosciamo. In Gran Bretagna nacquero nuovi e numerosi gruppi bandistici grazie all’avvento della civiltà industriale: ogni fabbrica aveva una banda propria e venivano organizzati grandi concerti e concorsi. In Italia invece, l’indiscusso merito della lenta trasformazione delle bande va certamente ad Alessandro Vessella (nato ad AlifeCaserta nel 1860), direttore della banda comunale di Roma dal 1885 al 1921, autore di un importantissimo testo di strumentazione e geniale innovatore dell’organico bandistico.

Fra i numerosi musicisti che si sono cimentati nella composizione per banda, si trovano compositori colti e d’avanguardia, quali A SchoenbergCh. IvesD. MilhaudP. HindemithR. V. WilliamsS. BarberG. Holst e nomi di altrettanto valore, ma di inferiore notorietà, quali ad esempio A. Reed ed E. Del Borgo.

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Ancora oggi resta viva la dialettica tra i sostenitori del repertorio originale per banda e quelli che prediligono le trascrizioni dal repertorio lirico sinfonico dell’800 e ‘900 ed entrambe le fazioni sembrano dimostrare la validità della loro scelta. Sicuramente la banda moderna ha dimostrato un’eccezionale versatilità nell’adattarsi perfettamente all’esecuzione di qualunque genere musicale, ma resta un fatto importante che va ben oltre all’indiscutibile gusto musicale di ciascuno di noi. Non si può infatti dimenticare che un qualunque organico strumentale esiste solo se esistono compositori che scrivono per quell’organico; se nessuno suonasse più il repertorio originale per banda, nessun compositore scriverebbe più musica per esso e, paradossalmente, si potrebbe arrivare in un futuro non così lontano all’estinzione della banda. La MUN ha sempre dato molto spazio al repertorio originale, senza trascurare tuttavia né la musica sinfonica trascritta né la musica leggera, rock e jazz a cui la banda si adatta talvolta meravigliosamente. Ha senso dunque mettere da parte la secolare diatriba tra banda e orchestra e dare ad entrambe le formazioni l’autonomia che meritano, riconoscendone le incredibili peculiarità tali da renderle entrambe uniche ed inimitabili.

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La banda e il palcoscenico

di Filippo Bassi

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La buona riuscita di un concerto dipende da una serie di fattori che influenzano i musicisti in modo decisivo. Alcuni di questi fattori sono interni al gruppo bandistico: la preparazione individuale, l’emotività, l’affiatamento e la sintonia con il maestro determinano la qualità musicale dell’esecuzione. Ma la riuscita o meno di un concerto dipende soltanto dalla sua qualità? Io non credo. Ho assistito a concerti in cui la qualità della musica non era eccelsa, eppure al termine dell’esecuzione il pubblico era soddisfatto ed appagato. Ciò che conta, infatti, è anche l’atmosfera che si crea durante l’esibizione, e spesso quest’atmosfera dipende dal genere di palcoscenico e dal suo pubblico.

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Secondo la mia personale esperienza, vi sono due tipi di palcoscenico: la grande sala da concerto e il palco familiare, di paese. Ad ognuna di queste tipologie di palcoscenico si abbina un certo tipo di pubblico, un certo tipo di musica e perciò un certo tipo di performance. In quest’ottica il palcoscenico ha un’importanza fondamentale, poiché può determinare il genere di concerto che si eseguirà. 

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La sala da concerto, il grande palcoscenico, ha il vantaggio di poter ospitare un folto pubblico e perciò si presta per l’esecuzione di brani musicali piuttosto impegnativi. Il genere di sala e il numero delle persone presenti rende un po’ più nervosi i musicisti, ma ciò ha i suoi vantaggi: infatti essi saranno molto più attenti e concentrati nell’esecuzione dei brani. Di questo tipo di concerto ho in particolare il ricordo della festa federale di Friborgo nel 2001, dove la bella sala gremita di spettatori ebbe certamente un’influenza positiva sull’esecuzione. Un altro esempio è il Gala dello scorso anno, nella sala del Teatro di Chiasso: suonare su un palco di fronte alla balconata, con le luci e i tendaggi di un teatro, ha creato un’atmosfera particolarmente magica che ha avuto un influsso benefico sui suonatori.

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Il palco più piccolo, familiare, è quello utilizzato per i servizi e i concerti in paese. Spesso in questi casi il palcoscenico è determinato da un contesto architettonico particolare – piazza, corte, sagrato – nel quale ci si trova a suonare. In queste occasioni i musicisti si sentono più vicini al pubblico, in una sorta di intimità difficile da trovare quando si suona su un grande palcoscenico. Durante l’esecuzione ci si sente più rilassati, a proprio agio, grazie all’atmosfera familiare che si crea in un contesto più piccolo. È possibile percepire questo tipo di atmosfera, ad esempio, durante il concerto di primavera a Castel di Sotto, oppure alla Sagra di San Bernardo a Brusata, o ancora nella corte del Municipio di Novazzano o sul sagrato della chiesa di Genestrerio. 

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Quale dei due tipi di palcoscenico è preferibile per un concerto? Impossibile stabilire una preferenza, poiché tutto dipende dal genere di concerto che si vuole proporre. L’importante è ricordarsi che ogni palcoscenico è una sorta di cornice che influenza in modo sensibile l’esecuzione musicale. Ogni palco, ogni cornice, non è migliore o peggiore di altri, ma semplicemente differente. L’ideale per ogni suonatore sarebbe avere la possibilità di variare quanto più possibile la cornice in cui si suona in modo da arricchire la propria esperienza musicale. È proprio ciò che succede con la Musica Unione: la nostra società bandistica si esibisce in contesti molto diversi fra loro, e questo è sicuramente un valore aggiunto che rende l’esperienza nella MUN sempre stimolante.

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Una gita a Castellamonte

di Luca Sala

 

Questa volta la MUN si è concessa una trasferta in Piemonte e più precisamente a Castellamonte (TO). Lo scorso 9 giugno, la filarmonica novazzanese è stata ospite della banda del borgo sopraccitato, adagiato ai piedi dei contrafforti del gruppo del Gran Paradiso, a poca distanza dalla città di Ivrea e dall’imbocco della Valle d’Aosta. La giornata è stata piovosa e un po’ novembrina, ma ha permesso comunque ai musicanti, dopo esser stati ricevuti dal presidente della filarmonica, sindaco e assessore alla cultura, di visitare un’interessante manifattura di ceramiche e stufe tipiche della zona. Dopo un piccolo inghippo al torpedone, che ha spanciato sul fondo stradale irregolare, la combriccola novazzanese si è trasferita al centro del paese, dove ha potuto conoscere i monumenti più significativi, in particolare l’antico castello, e visitare, presso il teatro Martinetti, un’interessante mostra pittorica dedicata alle navi del regno sabaudo. Di seguito un abbondante e gustoso pranzo è stato cucinato e servito dai membri della filarmonica presso la loro bella sede, al centro del paese. Il pomeriggio si sarebbe dovuto tenere il concerto all’aperto della Musica Unione presso la rotonda Antonelliana, ma l’inclemenza del tempo ha costretto i nostri musicanti ad eseguire i brani all’interno della chiesa parrocchiale. L’esibizione della nostra banda, a detta dei presenti, ha riscosso un buon successo, malgrado l’acustica infelice e lo scarso pubblico presente. Dopo una gradita merenda offerta di nuovo dagli amici di Castellamonte, i nostri hanno intrapreso il viaggio di ritorno verso Novazzano. A ricordo di questa trasferta sono sicuramente degne di nota le imponenti mura incompiute della rotonda Antonelliana, che non sono altro che i resti di quella che sarebbe dovuta essere un’enorme chiesa. La costruzione ebbe inizio nel 1842 e fu definitivamente interrotta nel 1846, a causa della mancanza di fondi. L’architetto Antonelli si consolerà un ventennio più tardi realizzando la svettante Mole a Torino. Ringraziamo di cuore autorità municipali e tutti i membri della locale Associazione Filarmonica di Castellamonte per la piacevole giornata offerta e la grande accoglienza. Speriamo di poter contraccambiare presto con sano spirito momò.

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FeBaTi e oltre

di Lorenza Bernasconi

 

La FeBaTi non è l’unica strada che si può intraprendere per poter imparare a suonare e divertirsi con la musica. In Ticino sono presenti altre strutture come le scuole di musica e le diverse sedi del Conservatorio della Svizzera italiana dove si può imparare a suonare tutti gli strumenti. Quest’ultimo è stato fondato nel 1985 e nel corso degli anni è cresciuto arrivando a comprendere la scuola di musica (presente nelle quattro diverse sezioni del Ticino), il pre-professionale e la scuola universitaria di musica (entrambi presenti nella sede centrale a Lugano). La passione per la musica, come nel mio caso, può nascere sin da quando si è piccoli. Da ben 15 anni suono uno strumento che non avrei mai potuto imparare in seno alla MUN: la chitarra. La musica è divertimento, passione, ma può diventare anche una professione e l’unico modo per arrivare a questo obiettivo è frequentare la scuola universitaria di musica. Il conservatorio di Lugano offre questa opportunità a partire dai 18 anni, quindi dopo aver ottenuto una maturità o un diploma. Parallelamente alla prima scuola non obbligatoria si può seguire il pre-professionale, il quale inizia a indirizzare verso un futuro musicale. Molte altre nazioni, come ad esempio la vicina Italia, hanno come istituzione il liceo musicale, il quale include molte materie teoriche musicali. Ciò facilita i ragazzi nello studio sia liceale che musicale. In Svizzera, purtroppo, ciò non esiste. Chi come me vuole approfondire questo ambito ha come unica possibilità quella di rimboccarsi le maniche e frequentare, oltre alla scuola, il corso che precede la scuola universitaria, sacrificando spesso il proprio tempo libero. In realtà non è una vera rinuncia in quanto io ho sempre pensato che fosse un ottimo modo per  impegnare le ore dopo la scuola.

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A sei anni ho iniziato a “giocare” con questo strumento a sei corde, entrando poi nella scuola di musica a nove anni. Essa è strutturata su tre livelli: inferiore, medio e superiore. I primi due livelli sono suddivisi in quattro anni ciascuno, mentre l’ultimo comprende solo tre anni, per un totale complessivo di undici anni di studio. Finito questo ciclo, se si vuole continuare a studiare al conservatorio, si deve superare un esame d’ammissione che permette di accedere al pre-professionale. Quest’ultimo annovera quattro anni di studio, i quali non sono però obbligatori nella loro totalità. Nel mio caso, infatti, ne ho svolti unicamente due, poiché grazie agli studi nella FeBaTi il mio livello teorico mi consentiva di accedere direttamente agli ultimi due anni. Ciò è dunque possibile se il livello strumentale e teorico lo permettono. Finiti questi altri quattro anni, molti ragazzi abbandonano la strada musicale in senso professionale e continuano a livello amatoriale. Chi invece desidera fare della musica una professione deve imbattersi in un nuovo esame di ammissione che apre le porte della scuola universitaria di musica. Questo esame viene fatto per permettere ai docenti dei diversi strumenti di decretare chi è idoneo o meno a questo percorso, in quanto i posti sono a numero chiuso. Questo livello professionale è suddiviso come le altre università della Svizzera, ossia ci sono i primi tre anni di bachelor obbligatori e poi c’è la possibilità di eseguire una specializzazione e quindi affrontare il master in performance o pedagogia, il quale solitamente comprende due anni di studio. Oltre a ciò, il conservatorio offre anche, sempre all’interno della scuola universitaria, corsi di post-formazione, formazione continua, master in solist e mas. Il mondo della musica è sempre più concorrenziale, ma, d’altronde, quale ambito lavorativo non lo è più al giorno d’oggi? Quindi, più si hanno specializzazioni più si hanno opportunità.

 

Fortunatamente molte persone sanno ancora apprezzare la musica e hanno la passione non solo di ascoltarla, ma anche di eseguirla e quindi istituzioni come la FeBaTi e il Conservatorio possono continuare a esistere, formando ragazzi che come me vivono per la musica.

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Il valore delle idee, l'importanza delle visioni, la prontezza dell'iniziativa

di Raffaele Parravicini

 

  • Un’avventura “corta” 6 anni ma dall’intensità che ne vale almeno il doppio

  • Un periodo di crescita personale molto importante

  • L’annodare legami privilegiati e la consapevolezza di aver sempre potuto contare sulle persone giuste al momento giusto

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Il bilancio del periodo vissuto nei panni di presidente è sicuramente riassumibile nei tre punti summenzionati. Un’esperienza che si conclude di fronte alla scelta di privilegiare gli impegni famigliari. La convinzione che ho maturato nel corso di quest’avventura è che per poter garantire una gestione efficiente ed uno sviluppo concreto ad una banda come la MUN è importantissimo saper stimolare i soci attivi, e non solo, con il giusto mix di nuove iniziative e formule consolidate (concerto di gala, concerto di primavera, processioni).  

        
La difficoltà nel far recepire questa convinzione rappresenta il rammarico più grande ma parzialmente compensato dalla soddisfazione di aver pensato, progettato e lanciato importanti progetti per il futuro della MUN come il gruppo di lavoro MUN 100° e la collaborazione con altre bande vicine in merito alla gestione e organizzazione della scuola di musica.

Tutto questo, grazie soprattutto alla disponibilità e all’appoggio delle persone giuste. L’auspicio che formulo, in qualità di ex presidente e di socio attivo, è che per il futuro, soprattutto prossimo, venga mantenuta e sviluppata quell’attitudine di ricerca del giusto “mix” evitando che le formule consolidate fossilizzino l’attività della MUN. Si tratta di una sfida tanto decisiva quanto importante da raccogliere per poter fare la differenza con le altre attività concorrenti oggigiorno fruibili.

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Lascio la presidenza con profonda serenità d’animo e grande consapevolezza di aver fatto del mio meglio senza risparmiare tempo ed energie ai variegati compiti insiti nella carica di presidente. La MUN gode di buona salute, pertanto sono sicuro che il testimone sarà raccolto con entusiasmo e slancio verso il grande e storico appuntamento del centenario. Infine desidero rivolgere un sentito ringraziamento a chi scommise su di me chiedendomi di mettermi in gioco. GRAZIE anche a tutta la grande famiglia MUN per avermi accompagnato durante questa fantastica avventura, dandomi la possibilità di maturare un’esperienza indelebile, crescendo e contribuendo a far crescere la nostra MUN.

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La musica, la migliore compagna di viaggio

un musicante

 

Sono in treno, solita ora, solita gente. Vedo gente stanca, che magari sta sognando qualcosa, o semplicemente chiude gli occhi per immaginarsi di essere già a casa, dalla propria famiglia, per rilassarsi e staccare la spina dal lavoro. Ma la giornata è appena cominciata e sul telefono fanno le 6.30. La maggior parte, magari ancora assonnati, legge il “20 minuti”, e altri ascoltano la musica. Abbasso il volume della canzone che sto ascoltando, sono curioso di conoscere quale musica stanno ascoltando i compagni di viaggio per svegliarsi e per cominciare una solita monotona giornata. Mi alzo e faccio accomodare la signora anziana, vedo che ha bisogno di sedersi. Colgo poi l'occasione per fare un giro in treno e ascoltare i generi musicali che scorrono su questo assonnato treno. Il primo paio di cuffiette che vedo sono di una giovane donna, sulla quarantina. Stanno riproducendo una canzone tranquilla, mi sembra di capire "Set fire to the rain" di Adele. La vedo lì, seduta, sguardo perso nel vuoto, incantata dalla melodia e dalla voce di questa grande cantante. Il prossimo incontro è con un ragazzo con la faccia spiaccicata contro il vetro, con il volume al massimo. Si sta ascoltando una canzone heavy metal, proprio bella tosta!  Se gli piace… buon per lui. Penso proprio che io non riuscirei mai ad addormentarmi così! Ma il mio piccolo viaggio su questo TILO non finisce qua; come terza persona, noto una signora anziana, dall’aspetto immagino che possa essere stata una ballerina, o sicuramente un’appassionata di musica classica; si intravvede una piccola luce nei suoi occhi, uno sguardo trasognato, forse immagina di essere fra i musicisti, o magari di ballare in una sala. Usa ancora un mp3 e si sta ascoltando il brano di un'orchestra sinfonica, sicuramente numerosa, di cui si percepisce ogni passaggio, ogni cambio di tempo e cambio di "ambiente". Poi, finalmente, un ragazzo che si crede un rapper: sta imitando Fabri Fibra e le sue labbra cercano di stare al ritmo e alla velocità delle parole pronunciate, creando un piccolo falsetto. Poco dopo, una ragazzina, che ascolta DJ Antoine.

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Sceso dal treno, mi rimetto le cuffiette e comincio a fantasticare. Tutti noi viviamo sullo stesso pianeta, ma ognuno di noi vive almeno su un'altra “stella”: chi per amore, chi per la musica o chi semplicemente per stare un po' da solo. Tutti noi abbiamo una vita, ma sono sicuro che ognuno se ne immagina un'altra, desiderata e sognata. Secondo me la musica ha un ruolo importante in tutto questo: ti prende, ti paralizza il corpo ma scuote la mente e i pensieri. La musica, è come una droga: cominci a usufruirne, e non riesci più a vivere senza. No music, no life.

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Percussioni: quante emozioni!

un percussionista della MUN

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Le bacchette di legno ancora sul tamburo; quelle ricoperte di un velo bianco che si rilassano sul timpano; la bacchetta di metallo che congela vicino al triangolo, gli strumentini rinchiusi nella borsa… loro riposano ancora. Le pelli della batteria, contrassegnate dai mille e più battiti della loro vita; quelle dei timpani ancora belle rilassate e sciolte. Un mondo di sola musica, dove la percussione è ciò che i bambini sognano e desiderano essere: la regina del mondo, di quel mondo musicale dove non esistono confini, dove non esistono paragoni tra scuro e chiaro, largo e stretto, piccolo o grande, bello o brutto. Ogni strumento esprime la propria melodia e riserva una sorpresa, una propria arma "letale", in grado di incantare ogni attento ascoltatore. E le percussioni? In fondo sono solo una montagna ingombrante di legni, pelli, pezzi di metallo, piccoli strumentini costruiti magari così, forse solo per raccogliere polvere, come uno strumento che non viene mai suonato, che invecchia e perde la sua vivacità. Ma non è così. 

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Chiudete gli occhi e immaginate una banda: clarinetti, flauti, trombe, bassi, sax, corni, tromboni, oboe. Immaginate un maestro, pronto a far vibrare la sua bacchetta, ma che improvvisamente intuisce che manca qualcosa di fondamentale. Immaginate il brutto anatroccolo: cos’ha di diverso? Cosa gli manca per essere completo e bello come gli altri? Solo un dettaglio, un’emozione, un attimo di vita e presto sarà una meraviglia…

 

In musica, "No percussion, no emotion.", Semplice, vero? Chi meglio delle percussioni può scandire il ritmo, che, a dipendenza dell'ambiente in cui si trova si trasforma, attraverso la batteria o i timpani, attraverso grancassa e piatti o lo xilofono, oppure attraverso il triangolo o le campane, attraverso la “ciocca” o il piatto sospeso? Le percussioni sono ovunque e ovunque è la musica. 

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